È evidente. A noi piace dare soldi alla Chiesa. Ci diverte, ci mette l’animo in pace, non so. Se non a noi, in ogni caso, piace al politico, che più dell’anima in pace, si preoccupa di perdere i cari, vecchi, caldi e comodi favori del beneamato clero. Dopo che, questa estate, la stessa Unione Europea ci aveva avvisato di fare attenzione, di non uscire dai limiti concessi negli aiuti di Stati, il Senato ha respinto l’emendamento, presentato dalla Costituente Socialista, che prevedeva di togliere gli agevolazioni ICI per gli immobili ecclesiastici adibiti a scopo commerciale, anche in caso in cui lo scopo commerciale sia secondario rispetto all’attività principale. Il relatore di maggioranza (dell’Ulivo) si è espresso contro questo emendamento. Si mette in mezzo anche l’opposizione. Ne nasce una diatriba…risultato: 12 a favore, 48 astenuti, 240 contrari. L’emendamento non passa. Ancora una volta i comuni italiani sono costretti a perdere annualmente (o a regalare alla Chiesa, dipende come la volete vedere) circa 2 miliardi e 250 milioni di euro l’anno (spicciolo più, spicciolo meno).
La Chiesa continuerà a non pagare l’ICI non solo negli edifici adibiti al culto (come sarebbe giusto), ma anche negli “enti non esclusivamente commerciali”. “Ovvero - per citare P. Odifreddi - in tutte le imprese commerciali che siano dotate di una cappella, nella quale pregare Dio per l’animaccia balorda dei Cattolici e dei loro fiancheggiatori laici che siedono in parlamento, a destra o a “sinistra””.
Ironia della sorte, il giorno stesso in cui non passa l’emendamento, l’Unione Europea rinnova il suo avviso estivo e chiede formalmente all’Italia di elencare entro 30 giorni i beni della Santa Sede esentati dall’Ici e l’ammontare di quanto sarebbe annualmente dovuto se non ci fosse l’esenzione.
Ma la colpa non è manco dei poveri preti, che devo tirare avanti con i miliardi di euro annui che si beccano dallo stato italiano, la colpa è proprio dello stato. Sono le leggi dello stato che vanno modificate, anzi, rifatte totalmente. Anche perché, se l’UE dovesse accorgersi che le leggi italiane non sono a norma, chi pagherebbe una multa a 9 zeri, non sarebbe la Chiesa, ma lo stato.
E di perdere altri soldi per colpa dei preti a me non va.